In questo ultimo decennio parte degli stati africani si stanno ribellando a dittatori e governi non certamente democratici. Popoli per anni sottomessi cercano libertà e giustizia. A questa ondata di rivolta anche la musica ha dato e continua a dare il suo contributo, musicisti come Farka Tourè, Toumani Diabatè, Baaba Maal, Youssou N’Dour, Cheb Khaled, Salif Keita, Fela Kuti sono stati tra i principali esponenti a “sonorizzare”, esportare e quindi a far conoscere al mondo intero questa situazione di disagio sociale. Oggi, una di queste realtà si chiama Tinariwen e sono probabilmente una delle band più interessanti nel panorama musicale internazionale. Ex soldati, hanno cominciato a combattere nei primi anni novanta nelle rivolte dei Tuareg in Niger e Mali, alternando esibizioni musicali nei club e in spazi sociali. Fondendo tradizione nordafricana con il blues e il rock elettrificato, il gruppo ha poi man mano abbandonando il “potere” delle armi per intraprendere solo quello della musica.
Al loro quinto lavoro “Tassili”, ci sono arrivati dopo dieci anni dalla prima pubblicazione “The Radio Tisdas Sessions” del 2001, pubblicando nel mezzo altri tre dischi, album che però non hanno avuto un gran riscontro di pubblico e di critica. Questo album può essere considerato il loro album “Unplugged”, perché, anche se rimane inalterato il sound caratteristico del gruppo, vengono per lo più abbandonati i suoni elettrici in favore di quelli acustici.
La bravura dei Tinariwen sta nel coniugare ed esprimere in maniera semplice e diretta le radici e le tradizioni del deserto del Sahara che, oltre ad essere un luogo di sabbia e sole è anche un crocevia di popoli, di passaggi, di culture e di storie. Come i nomadi, i Tinariwen combattono fondamentalmente per il semplice diritto alla sopravvivenza, condividendo usi e costumi e naturalmente i suoni dei Tuareg.
Tassili è un’ottima rappresentazione “sonora-sociale”, una miscela di sequenze acustiche con intrecci elettrici di notevole spessore. Un buon disco.
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