Le pubblicazioni discografiche nell’ultimo decennio del Boss sono un susseguirsi altalenante di discrete e buone confezioni sonore. Con High Hopes, Springsteen si assesta su posizioni di tutto rispetto, anzi più che buone, ottime direi. Il rock è il suo disperato amore e lo interpreta con grande anima e passionalità e, alla faccia di tutti i suoi detrattori, prosegue imperterrito sulla sua linea ortodossa riuscendo a dare ancora ottime vibrazioni e feeling.
A sessantaquattro anni, Bruce Springsteen ha imparato che “la vita ha i suoi paradossi”, così come il rock’n’roll, che “porta con se una certa gioia, una felicità che è ciò per cui vale la pena vivere”. Ma parla anche sempre di gelo e della solitudine che abbiamo dentro”. In questo diciottesimo album in studio, riesce a farci stare dentro tutto, la felicità e la solitudine, l’oscurità ai bordi della città ma anche l’energia che trasforma i suoi concerti in quanto di meglio si possa oggi vedere su un palcoscenico rock’n’roll.
Coadiuvato dagli amici di sempre: Roy Bittan (piano, tastiera, fisarmonica), Danny Federici (organo, tastiera), Nils Lofgren (chitarra, cori), Patti Scialfa (cori), Garry Tallent (basso), Steven Van Zandt (chitarra, mandolino, cori), Max Weinberg (batteria), ospita musicisti come: Soozie Tyrell (violino, chitarra, cori) Charles Giordano (organo, fisarmonica, tastiera), Jake Clemons, Ed Manion, Curt Ramm, Barry Danielian, Clark Gayton (sassofoni, trombe, tromboni, tuba), è soprattutto la presenza non indifferente di Tom Morello alla chitarra e voce che fa la differenza.
Il vecchio Boss mette a punto una dozzina di brani, (tre sono delle cover) di grande rilievo che sono più vicini alla tradizione Rock di quanto facesse con le ultime produzioni. Bruce ha distribuito i rinforzi nei vari pezzi ottenendo come risultato una nobilitazione di praticamente tutto il suo ultimo repertorio. Ha voluto ancora una volta dare prova del suo valore e ha confezionato un disco che deve essere additato come esempio di coerenza e professionalità: la sua voce e la sua musica non risentono degli anni, portati tra l’altro benissimo, e sono ancora in primo piano a sottolineare la fierezza del Rock. Springsteen lavora per accumulo (in tutti i sensi: accumulo di significati e di racconti, di suoni, di stili) e si candida così a un ruolo di sintesi della musica americana, il ruolo di custode dell’ortodossia rock’n’roll.
Si potrà obiettare che la musica proposta non è una novità però una cosa è certa che quando le note di questo “High Hopes” riempiranno le vostre orecchie sarà subito divertimento e il vostro piede inizierà subito a muoversi per seguire il pulsare del ritmo quando sentirete “High Hopes”, “Just Like Fire Would” e “Frankie Fell In Love”, sarà soprattutto emozione quando ascolterete “American Skin”, “Heaven’s Wall” e “The Ghost of Tom Joad”, sarà semplicemente rock quando ascolterete “Harry’s Place”, “Down in the Hole” e “This is Your Sword”.
In fondo cari amici come diceva qualcuno… “It’s Only Rock’n Roll, But I Like It”.
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