Laurie Anderson con i suoi 40 anni di carriera, mancava dalla scena musicale da un decennio. L’uscita di un nuovo disco da parte dei suoi fans, come il sottoscritto, era quindi molto attesa.

Per chi non conoscesse la sua musica e volendo catalogarla con dei generi, i tag: avanguardia e sperimentazione sono quelli più appropriati. Come sarà ovvio pensare, i suoi dischi quindi, non sono mai stati di facile ascolto ma, ascoltati diverse volte e soprattutto con un orecchio attento riescono a fare breccia anche agli ascoltatori più ostili. Anche questo suo ultimo “Homeland” rientra in questo “quadro”.

Per semplificare in breve le canzoni di Homeland possiamo dire che sono una sommatoria di: parole, suoni, testi, polemiche, poesie e riflessioni. L’opera è assai altalenante. Momenti di profonda arte sonora vengono affiancati a “parlati” di marcata noia. Le liriche affrontano temi sociali assai attuali e importanti come la politica e le problematiche relative ad una società consumistica. Proprio per questa complessità, dove i testi hanno la prerogativa sui suoni che, l’album non risulta di facile presa e, come è avvenuto in questi ultimi anni, le sue opere si orientano più verso a piecè teatrali che non a dischi musicali fine a se stessi.

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